Imposta la comunicazione della tua campagna di crowdfunding

Il crowdfunding equity-based permette a startup e PMI  di raccogliere capitale di rischio per finanziare l’espansione del proprio progetto. Questo avviene attraverso l’emissione di strumenti finanziari partecipativi al capitale sociale dell’impresa, la raccolta di capitali di rischio,  e può iniziare con un’offerta agli investitori che viene veicolata su piattaforme specializzate che proliferano nella rete con la promessa di realizzare l’incontro tra investitore e imprenditore, grazie all’attività di un team con competenze specifiche nel campo della finanza, della comunicazione strategica, del digital marketing e dell’information technology.

Ci sono tante piattaforme e tante idee che possono dare il boost ad una campagna di crowdfunding, ogni campagna ha una storia a sé che dipende da fenomeni non ripetibili. Una cosa che accomuna tutte le campagne è la centralità di una buona strategia di comunicazione agli investitori potenziali e ad un pubblico più ampio di stakeholder in ascolto.

Retromarketing – il marketing strategico tra nostalgia e innovazione

Sempre più spesso le aziende, nella progettazione e nella comunicazione dei propri prodotti, fanno leva sul passato e sulla nostalgia. Pensiamo, per esempio, al settore alimentare (le cose fatte “come una volta”), all’automotive (i nuovi modelli ispirati a celebri vetture del passato), al gaming (i personaggi ripresi dai vecchi videogiochi anni Ottanta).

Di questo raccontano Daniela Bavuso e Natale Cardone nel loro secondo libro: “Retromarketing – Il marketing strategico tra nostalgia e innovazione”.

Un volume che offre ad aziende, consulenti e agenzie di marketing una guida pratica per realizzare progetti di branding e comunicazione che sfruttino la leva della nostalgia e del “vintage”, per aumentare il coinvolgimento del proprio target. 


All’interno del libro 11 eroi e professionisti di successo si raccontano nell’impresa di costruire un percorso di valorizzazione della cultura retro:

  • Giovanni Perosino di ITA Airways;
  • Sergio Azzolari CEO Dsquared (ora Cavalli);
  • Matteo Battiston di Luxottica;
  • Michele Lupi di Men’s Collections Visionary di TOD’S Group;
  • Antonella Nonino quinta generazione alla guida di Grappa Nonino;
  • Giuliano Trenti founder di Neurexplore;
  • Wim Ouboter founder Microlino;
  • Linda Liguori brand-naming expert;
  • Nicolas Gentile di La Contea Gentile;
  • Jacopo Maria Conti Marketing e Content Senior Consultant presso Deloitte.
  • Il piccolo Mugnaio di Mulino Bianco.

Il libro fa parte della collana sui modelli di business di cui sono anche parte le traduzioni dei bestseller di Osterwalder e Pigneur dedicate ad un pubblico di imprenditori, manager e startupper.

Accedi all’estratto del libro.

Qui puoi acquistare la tua copia di Retromarketing. Ricordati di lasciare la tua recensione!

Stakeholder, shareholder, target e prospect: facciamo chiarezza

Qualche tempo fa, durante una riunione, ci siamo rese conto che tra i partecipanti non fosse chiara la differenza tra shareholder e stakeholder.

Entrambi i termini sono presi in prestito dalla lingua inglese, ma hanno significati molto differenti, sia dal punto di vista semantico che in relazione al business

Per questo abbiamo deciso di dedicare un articolo del nostro blog proprio alla distinzione tra le categorie di persone o gruppi di persone più diffusi nel mondo del business

Stakeholders, shareholders, target e prospect possono avere delle similitudini tra loro, ma sicuramente rappresentano gruppi molto differenti.

Analizziamoli insieme:

Stakeholder

Gli stakeholder sono tutti coloro che hanno un interesse personale nel successo e nella crescita del business. Questa categoria può includere i clienti, i collaboratori, i fornitori, le agenzie governative e anche le comunità locali in cui l’azienda opera.

Gli interessi degli stakeholder dipendono dalla loro relazione con il business. Ad esempio, i collaboratori dipendenti possono essere interessati soprattutto alla sicurezza del loro lavoro e all’equa remunerazione, nonché alla solidità dell’azienda. Mentre i clienti saranno più interessati alla qualità e al valori dei prodotti e servizi dell’azienda. 

Gli stakeholder sono fondamentali all’interno del business perché possono influenzare il successo dell’azienda in svariati modi. Ad esempio, se i clienti sono soddisfatti saranno più inclini ad acquistare di nuovo e consigliare il prodotto/servizio a più persone. I fornitori, se pagati correttamente e trattati con rispetto, saranno più inclini a fornire materie prime di qualità. 

Shareholder

Gli shareholder sono una sottocategoria degli stakeholder e sono coloro che detengono delle quote dell’azienda. Quando un’azienda è quotata chiunque può comprare delle quote e diventare shareholder (in base alle regolamentazioni).

L’interesse degli shareholder nell’azienda è prevalentemente finanziario, in quanto il loro obiettivo principale è massimizzare l’investimento effettuato. 
Gli shareholder possono influenzare l’andamento dell’azienda in diversi modi:

  • possono partecipare alle assemblee dei soci votando rispetto a diverse tematiche (la remunerazione della dirigenza, acquisizioni, fusioni, aumenti di capitale…)
  • possono anche comunicare con il management dell’azienda e offrire a quest’ultimo suggerimenti o critiche rispetto alla gestione e alla strategia dell’azienda. 

Target

I target sono individui o gruppi che un’azienda vuole raggiungere attraverso le sue strategie di marketing. I target sono molteplici e si suddividono per caratteristiche. Alcuni target possono essere clienti già esistenti come anche potenziali clienti che potrebbero essere interessati ai prodotti/ servizi dell’azienda. 

Definire i corretti target è importante per le aziende perché essi rappresentano i potenziali flussi di ricavo. Raggiungendo efficacemente i target, un’azienda può accrescere il parco clienti e far crescere il business

Prospect 

I prospect, a differenza dei target, sono gruppi di persone che hanno mostrato un certo livello di interesse per il prodotto o servizio, ma non sono ancora diventati clienti
Per esempio può essere considerato prospect qualcuno che si iscrive alla newsletter o che inizia a seguire l’azienda sui social

I prospect sono importanti perché rappresentano i potenziali clienti che potrebbero in futuro effettuare un acquisto essendo già venuti in contatto con l’azienda. 

Mentre tutti questi gruppi giocano ruoli importanti nel successo delle aziende, tra di essi, come abbiamo potuto constatare, ci sono delle differenze interessanti. 

Capire queste differenze è essenziale per interagire in maniera corretta con ognuno di essi in modo da costruire e curare le giuste relazioni raggiungendo gli obiettivi. 

Se vuoi conoscere di più rispetto ai temi di costruzione del brand e dei suoi valori c’è Da Zero Al Brand di Daniela Bavuso e Natale Cardone. 

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Il pericolo della distorsione nella raccolta dati

I dati, oro nero delle imprese digitali e non, utili per prevedere, prevenire e pianificare. Ma dietro essi esiste un pericolo da non sottovalutare, le distorsioni in fase di raccolta e analisi. 

Le distorsioni o bias sono modifiche intenzionali o non intenzionali della creazione, della conduzione, dell’analisi o della valutazione dei dati durante una ricerca. Le distorsioni hanno come effetto l’alterazione del risultato della ricerca e quindi l’inattendibilità dei dati trovati. 

Spesso si crede che le distorsioni avvengano soprattutto durante la fase di analisi dei dati raccolti, in quanto parrebbe semplice mal interpretare alcuni risultati.

In realtà le ricerche ci dicono che la maggior parte delle distorsioni avviene nelle prime fasi della ricerca, in particolare nella definizione dei questionari e nella scelta del o dei target. 

Questo avviene perché il ricercatore tende sempre a confutare la sua ipotesi e quindi può succedere che involontariamente induca la risposta che coincide con le sue aspettative nel soggetto intervistato. 

Un esempio facile potrebbe essere connotare una domanda in maniera tale per cui il soggetto si senta obbligato a rispondere con la variabile più plausibile.

Un esempio banale potrebbe essere se in un’indagine in cui si va a ricercare la percezione che le persone hanno della pericolosità degli animali e alla domanda “secondo te quale tra i seguenti animali è il più pericoloso? A. cane, B. gatto, C. orso.

Chiaramente le persone sono indotte a rispondere la lettera C ma questo non ci chiarifica nulla sul tipo di percezione che hanno rispetto alla pericolosità dell’animale stesso. 

Per evitare ciò è sempre buona norma costruire indagini che abbiano una struttura e uno stile imparziali, magari stese a più mani, in modo che il pericolo di distorsione si riduca notevolmente. 

Questo ci porta ovviamente anche a parlare di credibilità.

Se il ricercatore o l’analista induce la risposta nel proprio target, chiaramente l’analisi stessa e i risultati ne perdono in credibilità a priori, prima ancora di definirne i risultati. 

Il secondo errore più comunemente commesso è la definizione di un target sbagliato. Chiaramente il gruppo definito per la ricerca deve avere delle caratteristiche chiare che rispondano alle necessità di ricerca.

Se il campione non è rappresentativo allora tutta la ricerca sarà poco attendibile, compresi i dati raccolti. 

Per questo è bene non prediligere taluni gruppi rispetto ad altri, oppure escludere a prescindere alcuni gruppi per questioni logistiche.

Se ad esempio si sta effettuando un’indagine sui trasporti pubblici, è bene indagare l’opinione non solo degli utilizzatori, ma anche di coloro che scelgono un’altra tipologia di trasporto, per capirne le motivazioni. Escluderli dall’indagine creerebbe distorsioni. 

Ovviamente l’interpretazione scorretta dei dati porta a una distorsione, bisogna sempre ricordare che qualsiasi dato, sia esso legato a un’azienda o a uno specifico prodotto, necessita di una contestualizzazione che deve essere necessariamente inserita nella ricerca.

Il singolo dato di per sé vale poco, ma se inserito in una moltitudine crea la mappa che ci permette di prendere le decisioni in maniera agile. 

Anche il periodo di tempo tra cui scegliere i dati è importante.

Se ad esempio si effettua una ricerca su un indice di borsa è importante includere per capirne l’andamento, anche le aziende che ne hanno fatto parte in passato e che magari non ne fanno più parte, questo perché ci permette di ricostruire il passato e di avere un’idea più chiara di ciò che potrebbe essere l’andamento futuro. 

Infine, è sempre bene ricordare che l’opinione delle persone è facilmente influenzabile, da chi hanno accanto, dai contesti, persino dai luoghi.

Per questo è bene formulare domande precise e raccogliere più dati possibili in fase di ricerca optando sempre per interviste sia interne che esterne all’organizzazione. 

Solo così è possibile evitare errori ed ottenere risultati chiari che ci aiutino a prendere le decisioni. 

Se vuoi conoscere di più rispetto ai temi di costruzione del brand e dei suoi valori c’è Da Zero Al Brand di Daniela Bavuso e Natale Cardone. 

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Accogli i trend del 2023 nel tuo business

Partire con entusiasmo e pianificare i mesi che verranno con una nuova prospettiva fa bene ai team ed alle aziende.

Il 2023 si è già affacciato con dei temi e dei trend, in fatto di scelte imprenditoriali, che promettono di cambiare molto la dimensione interna ed esterna delle imprese. Vediamone alcuni:

La pianificazione agile della comunicazione: sai gestire gli imprevisti?

La strategia di comunicazione, al contrario di quanto comunemente percepito, è un piano di azione molto operativo. Bisogna aver chiaro da dove si parte per potersi permettere delle variazioni sensate al programma, che certamente arriveranno.

Innanzitutto, va capito che si tratta di un’opportunità di comunicazione. Ma.. ne vale la pena?

Per capirlo possiamo porci alcune domande:

  • È coerente con i nostri valori? Se sì, allora proseguo. Altrimenti mi fermo.
  • Ho abbastanza risorse per attivarla? Come risorse intendiamo sia economiche che di personale. Se non avete personale che possa seguire questo fuoriprogramma, forse è il caso di non proseguire.
  • Posso inserirla all’interno di una campagna già programmata? Se sì, la pianifico altrimenti posso creare una campagna da zero anche se richiederà più effort.

Vediamo quali tipologie di fuoriprogramma esistono.

  1. Una collaborazione inaspettata. Dalle stakeholder relations è nata una sintonia con un altro brand? Avete trovato un punto d’incontro tra i vostri valori e obiettivi del business model? Ecco che c’è la base per creare una campagna congiunta.

2. Il raggiungimento obiettivi in anticipo. Oltre a renderci orgogliosi, è una dimostrazione dell’ottimo lavoro svolto e il risultato va sicuramente condiviso con gli stakeholder – anche se potrebbe interrompere la programmazione. 

3. Il pre-crisi o recovery. In questo caso va cambiato il paradigma.

Pensiamo ad esempio al periodo della pandemia, nel quale sono cambiati i bisogni di molti settori e si è messo in evidenza il bene comune. Chi ha saputo sfruttare l’occasione di farsi sentire vicino ai propri stakeholder avrà sicuramente raccolto un vantaggio rispetto ai competitor che sono rimasti fermi. Pensiamo a tutte le aziende che hanno riconvertito la produzione per realizzare mascherine o tutte le donazioni di apparecchi ad uso medico, non vi sono rimaste impresse? Ecco un esempio di buona gestione del fuoriprogramma. 

Che sia una collaborazione, una crisi o il raggiungimento di obiettivi sai affrontare il fuori programma se sai qual è il programma, ecco perchè è importante pianificare. 

La pianificazione ti aiuterà a gestire con serenità il fuoriprogramma, tutte quelle attività impreviste che ti ritroverai ad affrontare.

Il futuro dei media sarà sintetico?

Hai mai sentito parlare di media sintetici?

Si tratta di qualsiasi video, immagine, oggetto virtuale, suono o parola prodotto grazie agli algoritmi dell’intelligenza artificiale che manipolano o producono dati e file multimediali.

Esempi di sistemi intelligenti? DALL-E 2 e ChatGPT-3.

Durante il 2022 sono diventati molto comuni, grazie alla facilità con cui posso supportare i creatori di contenuti, i marketer, ed i blogger aziendali (ma non solo) nel proprio lavoro.

Il valore aggiunto?

Tutti parlano di dati, ma il Data Collecting?

I dati sono una risorsa fondamentale nella contemporaneità. Vengono utilizzati soprattutto per prendere decisioni nei campi del business, delle organizzazioni e dei governi, e aiutano ad analizzare meglio il mondo che ci circonda. 

Tutti parlano di dati e di come essi siano fondamentali per costruire le strategie di brand. Altrettanto importante però è il data collecting, perché il processo di  raccolta dei dati è la base su cui si costruisce tutta la ricerca. Deve quindi necessariamente essere adeguato

Innanzitutto è bene distinguere tra indagine qualitativa ed indagine quantitativa. Spesso è opinione comune che i dati quantitativi siano più importanti di quelli qualitativi, ma non sempre questa è una verità. 

Tutto dipende da quali obiettivi di ricerca si vogliono raggiungere. Se per noi è importante conoscere il percepito del brand, quindi i bisogni, i desideri e le attese dei consumatori, allora un’indagine qualitativa assume una rilevanza maggiore.

L’individuazione del target a cui sottoporre la ricerca è fondamentale. 

Un target sbagliato ci porterà dati sbagliati e distorti, che non ci aiuteranno nella nostra indagine. 

Una volta definita la Brand Equity attraverso le interviste qualitative è importante conoscere anche i dati quantitativi, tangibili e intangibili. 

Ma cosa significa?

Una buona ricerca non si può solo basare su caratteristiche visibili, ma deve anche indagare ad esempio quanto un consumatore (o un prospect) si senta o meno vicino al brand, quanto quest’ultimo sia moderno, se viene percepito come premium.

Riuscire a diversificare bene le domande e gli argomenti delle interviste ci aiuta, insieme ad identificare il giusto target, ad evitare, o meglio a limitare, le distorsioni. Queste ultime avrebbero come effetto la costruzione di una strategia fallace e quindi il non raggiungimento degli obiettivi di brand. 

Il passato e l’heritage del brand rappresentano una risorsa da non sottovalutare in fase di assessment. Il passato è il punto di partenza su cui costruire il futuro, sia che esso sia in continuità che in discontinuità. L’heritage è il legame con il mercato, e per questo condiziona inevitabilmente il percepito del valore del brand. 

Durante la fase di data collecting è bene esplorare tutte le fonti, sia online che offline. Oggigiorno, ad esempio, se vogliamo valutare la percezione che le persone hanno di un brand, non possiamo dimenticare di raccogliere il sentiment presente nei commenti sui social media. 

Infine è bene ricordare che i dati vanno contestualizzati. Essi infatti inseriti in un contesto assumono un preciso significato e si trasformano in informazioni. Le informazioni a loro volta, connesse una all’altra, ci danno conoscenze. I frame sono invece tutte le possibili interpretazioni delle conoscenze. 

Interpretazioni su cui poi andrà costruita la strategia di brand. 

Se vuoi saperne di più sui dati e sul data collecting per la strategia di brand Da Zero Al Brand di Daniela Bavuso e Natale Cardone è il libro per te. 

GPT-3: l’AI al servizio della tua strategia di marketing

Come è possibile utilizzare gli strumenti AI come GPT-3 nella strategia di marketing?

GPT-3, Generative, Pretrained Transformer 3, è un modello di elaborazione del linguaggio sviluppato da OpenAI. L’obiettivo dell’organizzazione di ricerca senza scopo di lucro è lo sviluppo dell’intelligenza artificiale human-friendly.

DALL-E 2, l’intelligenza artificiale che potrebbe rivoluzionare il design e marketing

Se il futuro delle immagini fosse nell’intelligenza artificiale?

Oggi vogliamo parlarvi di DALL-E 2, il programma di AI sviluppato da OpenAI, che può generare immagini originali a partire da descrizioni di testo. È un programma che ha il potenziale per rivoluzionare il modo in cui pensiamo al linguaggio ed alla grafica.

Come funziona? Il sistema viene addestrato su un enorme quantità di dati di immagini e testo grazie a cui impara la relazione tra linguaggio e concetti visivi e può generare immagini sia creative che diverse.

S.O.S. Come comunico l’aumento dei prezzi di vendita?

La situazione generale è molto complessa e l’aumento dei prezzi diventerà uno dei temi più caldi dei prossimi mesi per le imprese. Ne abbiamo già sentito parlare, vedendo bollette di ristoranti e imprese quadruplicate nel giro di un singolo anno, ma sicuramente diventerà ancora più ricorrente e comune.

Le organizzazioni devono quindi prepararsi alla comunicazione di crisi che, in questo caso, è legata ad un recovery molto specifico (controllo di filiera) ma anche tra i più comuni…. quindi DON’T PANIC!